La sentenza della seconda sezione della Cassazione che ha condannato in via definitiva Fabrizio Miccoli ha scosso l’ambiente palermitano. Una vicenda che risale a più di 10 anni fa e che all’epoca ha fatto scalpore anche per le frasi intercettate e per le quali l’ex capitano rosanero si scusò poi pubblicamente.
Miccoli da oggi si trova in un carcere di Rovigo, dovrà scontare una pena di 3 e 6 mesi di reclusione. Probabilmente, appena possibile, i suoi legali chiederanno al Tribunale di Sorveglianza l’applicazione di misure alternative, ma è inevitabile la sua permanenza in carcere, né è possibile adesso quantificare la sua detenzione dietro le sbarre.
Un triste epilogo per uno dei giocatori più forti e talentuosi che ha vestito la maglia del Palermo e che durante un’intervista rilasciata il 14 luglio del 2017 esprimeva tutto il suo dolore e il suo pentimento per uno sbaglio che ha distrutto la sua immagine umana e professionale forse anche più di quanto meritasse.
Fabrizio Miccoli: “Andato via da mafioso. Contro la Sampdoria la gara più bella – 14/07/2017
Arrivato in un tripudio di entusiasmo nell’estate del 2007, Fabrizio Miccoli è tutt’oggi il miglior marcatore di tutti i tempi del Palermo. Ottantuno i gol segnati con la maglia rosanero, tantissime le sue reti da antologia, da autentico fuoriclasse, leggendario quello realizzato su punizione al 93’ contro il Milan di Ancellotti, il suo destro micidiale piegò le mani di Zeljko Kalac, regalando la vittoria al Palermo e scatenando il delirio sugli spalti del Barbera:
«Quella punizione ha dato il via a quella che è poi stata la mia storia con il Palermo – ha raccontato Miccoli ai nostri microfoni – ma la partita più importante per me e credo per la storia rosanero, è stata quella contro la Sampdoria (09.05.2010), anche se finì male perché pareggiammo ed io mi ruppi il crociato. Trovai la forza di tirare il rigore, non potevo non tirarlo, non mi ero neanche accorto di essermi fatto male. Dopo riuscì a giocare ancora per altri 10 minuti, poi il dolore fu terribile. Ci giocavamo la Champions e ricordo che alla vigilia ero abbastanza teso, emozionato, non vedevo l’ora di entrare in campo per il riscaldamento. Sono sempre stato un tipo abbastanza tranquillo, le vigilie delle partite le passavo di solito scherzando con i compagni, ma in quella gara fui un po’ bloccato, la tensione era tanta, perché pensavo che sarebbe stata un’occasione unica ed irripetibile per il Palermo.»
Dopo aver calciato il rigore, Miccoli lasciò il posto ad Igor Budan, l’attaccante croato, però, sprecò una clamorosa occasione da gol a porta vuota all’84, un errore fatale che fece arrabbiare parecchio il capitano:
«Dopo la partita, dentro lo spogliatoio gli dissi: “Budan, ma come c… hai fatto a sbagliare quel gol davanti la porta, così di testa, mannaggia, ma com’è possibile?” e lui mi rispose che aveva il sole in faccia e che tirando aveva chiuso gli occhi. Io sinceramente ero davvero arrabbiato, anche perché lui non era in fuorigioco, ma sono cose che nel calcio succedono».
La favola di Miccoli a Palermo, non ha avuto, purtroppo, un lieto fine, questo certamente è il rimpianto più grande per l’ex giocatore rosanero:
«Di Palermo mi manca tutto, la città ed il rapporto con la gente. Ho avuto la fortuna di essere stato il capitano di un gruppo eccezionale, io portavo la fascia, però i capitani eravamo in tanti, Migliacccio, Nocerino, Balzaretti, Liverani, tutta gente che mi dava una mano, anche con il resto dei compagni. Credo che quel ciclo sia finito, ma noi tutti che tifiamo Palermo ci auguriamo che possa tornare di nuovo quell’entusiasmo che infiammava la città. Il nostro gruppo era unito, dentro lo spogliatoio si parlava italiano, quindi dovevano essere gli altri, anche i grandi giocatori a dover adeguarsi al gruppo, poi negli anni non è stato più così. Quando sono tante le lingue straniere dentro ad uno spogliatoio, si fa più fatica. Sto seguendo da lontano quanto sta accadendo, perché Palermo rimane sempre la mia prima tappa, insieme a Lecce, ed è un peccato che il Barbera non sia pieno come una volta. Ho vissuto derby belli ed indimenticabili, per me era la partita più importante, quella che non vedevi l’ora di giocare, anche se spesso qualcuno decideva di non farmi scendere in campo.
Alla fine non è stato facile, ho dato tutto me stesso, anche la finale di coppa Italia è stata amara, andare via così da Palermo mi ha fatto tanto male. Io ho sbagliato perché mi sono lasciato trasportare, ma ho vissuto la città a 360° gradi. Quando vivevo a Palermo, non mi sono rinchiuso in una villa a Mondello, ho abitato al centro, in mezzo alla gente, non ho mai detto quello che di bene ho fatto e quante persone ho aiutato. Avrei voluto fare una partita di addio al Barbera, perché solo in quello stadio io la posso fare, non ce ne sono altri, magari con tutti i miei ex compagni di squadra, Cavani, Amauri, Balzaretti, Pastore e tutti gli altri, avrei voluto fare una grande festa. Ed invece non l’ho potuta fare, perché sono andato via da mafioso, questa cosa mi fa troppo male, in assoluto, perché io non lo sono, sono una persona spesso troppo spontanea a volte un po’ ingenua e non meritavo tutto questo».