COMBO, la piccola Elena e sua madre

Ma non ha saputo spiegare come e perché avrebbe commesso il delitto

Martina Patti, 23 anni, ha confessato a carabinieri e procura di avere ucciso la figlia Elena di 5 anni.

Ma nell’interrogatorio non ha saputo spiegare come e perché avrebbe commesso il delitto.

Il rapimento era una messa in scena per coprire l’omicidio. La donna avrebbe detto di avere agito senza capire quello che stava facendo. Non è riuscita a fornire una dinamica completa del delitto né del movente. La Procura sta predisponendo il suo fermo per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere.

In mattinata la donna aveva fatto ritrovare il corpo. Ieri aveva denunciato il sequestro della bambina da parte di tre uomini armati e incappucciati, subito dopo aver prelevato la figlia all’asilo. 

Il corpo è stato trovato in un fondo agricolo distante alcune centinaia di metri dalla casa in cui la bambina abitava con la mamma.La denuncia della madre da subito è apparsa “poco credibile” nella ricostruzione fornita agli inquirenti. Alcune ‘anomalie’ sono emerse subito agli investigatori. La dinamica del sequestro nel racconto della donna: tre uomini incappucciati e uno armato di pistola. Nessun testimone, oltre lei, dell’episodio. Non chiama subito aiuto sul posto, telefonando al 112, ma prima va a casa e poi con i familiari dai carabinieri a presentare la denuncia. Anomalie che hanno portato carabinieri e Procura a pressioni sulla donna che ha rivelato dove trovare il corpo della figlia.

L’accusa della cognata: “Martina Patti – ha affermato Martina Vanessa del Pozzo, zia paterna della piccola – voleva incastrare mio fratello. Un anno fa mio fratello fu accusato ingiustamente di una rapina, ma fortunatamente fu scagionato completamente. Quando dal carcere passò ai domiciliari, sotto casa trovammo un biglietto di minacce con scritto: ‘non fare lo sbirro, attento a quello che fai’. Mio fratello non sa nulla di nulla. A quel biglietto la madre della bimba ha fatto riferimento dicendo che avevano rapito Elena”. 

“E’ mia nipote, non mi toccate, fatemi passare, voglio il suo corpo è mia…”. Urla così, drammaticamente scosso, il nonno paterno di Elena, appena arrivato con la moglie sul posto del ritrovamento del cadavere della nipote. “Non credevamo possibile una cosa del genere. Un rapimento – prosegue – era impensabile. Non si poteva immaginare quello che è successo. Mi sembra tutto così strano, assurdo. La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto. Ma adesso chi è stato deve pagare, anche chi l’ha eventualmente aiutata“. 

C’è un angelo in paradiso o una mamma che non stava bene psicologicamente o qualcuno ha combinato qualche pasticcio. La nostra società ha gli eroi e i disgraziati. Che questa vicenda diventi un motivo per riflettere sul valore della vita è sull’assistenza da fare alle persone che non stanno bene con la testa”. Così sulla vicenda della piccola Elena il parroco di Massannunziata e rettore del santuario di Monpilieri, padre Alfio Privitera.