La vicenda risale al 2012, quando una paziente si reca al pronto soccorso dell’ospedale per una serie di disturbi conseguenti ad un intervento chirurgico alla testa eseguito a Padova.
Tutino viene chiamata per una consulenza neurochirurgica e suggerisce un immediato inizio di terapia antibiotica.
Da quel momento, la donna viene affidata ad altri sanitari. Nel corso della degenza, la situazione si aggrava e, a distanza di due mesi, avviene il decesso. Marika Tutino, fin dall’inizio aveva rinunciato alla prescrizione perché è sempre stata convinta di potere dimostrare la sua innocenza.Nel corso del giudizio di primo grado era maturata la prescrizione. Tutino, però, su suggerimento dei suoi difensori, gli avvocati Gaetano e Salvo Priola, unica tra tutti gli imputati, ha impugnato la sentenza che dichiarava la prescrizione.
Anche i periti hanno escluso la responsabilità della dottoressa Tutino secondo i quali ha agito correttamente, visto che al momento della sua unica consulenza, non c’era motivo di procedere con intervento chirurgico.
A questo punto la Corte di Appello, dopo avere risentito i periti, ha accolto la richiesta dei difensori e ha assolto l’imputata per non avere commesso il fatto. Tutino non si è accontentata della prescrizione. Chiedeva un’assoluzione nel merito.