di Ilaria Solazzo
“La scelta di scrivere un volume in cui vengono raccolte per la prima volta le antiche ricette della tradizione monastica, vuole essere un segno di riconoscenza per chi ci ha preceduto, per chi prima di noi ha abitato in questo luogo, per chi prima di noi ha iniziato a vivere nel servizio, nell’ascolto e nell’accoglienza di tutti coloro che vicini e lontani si sono avvicinati alla nostra comunità. Una raccolta di ricette, non è solo un libro di “cucina”, ma una possibile modalità di raccontare la vita quotidiana, le relazioni, il tempo scandito dal ritmo della preghiera e del lavoro, le necessità, i sogni e i desideri che ieri come oggi ci permettono di essere evangelicamente attente all’altro. Una raccolta di ricette è stata la scelta di rendere fruibile, di condividere, per costruire “ponti”, per intessere relazioni, per creare o rafforzare legami con tutti coloro che ne hanno desiderio, ma anche per tenere vivo un legame con chi ci ha preceduto, con chi prima di noi ha trovato e ritrovato forme e processi sempre nuovi per attualizzare nell’esperienza concreta la bellezza dei valori monastici”. Così si legge nella scheda di presentazione di “Antiche ricette delle monache”, libro edito dalla Bertoni e in vendita per 18 euro. 142 pagine con una sorpresa: le ricette, infatti, sono scritte in italiano antico (con a fronte la foto del tomo originale da cui sono derivate) e le unità di misura sono quelle medievali. Ovviamente il lettore contemporaneo è aiutato da un glossario ma ricostruire le preparazioni è a volte quasi un rompicapo. Il volume è curato da Monica Falcinelli e dalle religiose del monastero Sant’Anna di Bastia Umbra, fa parte della collana “Cultura e sostenibilità” ed è la prova tangibile della superba abilità che le monache riescono a mettere in campo quando si tratta di manicaretti. Prodotti della terra, dalla frutta agli ortaggi, dalla verdura alla birra…par proprio che non ci sia niente che questa laboriosa comunità – che vive nel più bel luogo della città la “Rocca Baglionesca” -non sappia fare.Ci sono le “carote gentili” e i “rosci d’ovo”, la “farina sfiorata”, i “tagliolini con il lasagniolo” e i “morsetti”: parole desuete, lontane dalla modernità, che si ritrovano in ricette di cucina che vanno dalla fine del ‘700 fino alla prima metà del ‘900 in un vernacolo umbro dell’epoca. Piatti della tradizione locale che raccontano di come si prepara la “salza per gli umidi” o i “crostini con regagli di pollo”, le “pignolate” e la “pasta grattata”; oppure la “lista per salare le salcicce” e il fritto di patate. Piatti cucinati con lo spirito dell'”Ora et labora” dalle monache benedettine del monastero in provincia di Perugia, che via via nel tempo hanno messo nero su bianco preziosi consigli e riflessioni per i pasti. Ora due centinaia di queste ricette sono tornate alla luce dopo aver riposato per tanti anni, in uno scrigno di legno, nell’archivio del monastero insieme ad altri documenti, atti amministrativi, concessioni e diplomi e una settantina, dopo un lavoro certosino di lettura e trascrizione, sono state raccolte dall’archivista Monica Falcinelli.
Preparare i pasti, oggi come ieri, è per le monache un’attività primaria; si cucina ogni giorno per i poveri e gli ospiti. Questa attività ha a che vedere con l’accoglienza e la relazione umana. Fra antipasti e primi asciutti, minestre e dolci, salse e rosoli, nelle ricette non ci sono solo indicazioni su come realizzare un certo piatto ma anche pensieri rivolti a Gesù o ai santi, preghiere, spesso come intercalare. Ed allora: “Un requie per chi ha fatto la presente” o “…se occorre qualche altra cosa avrò l’onore di servirla e in pacamento mi farete una comunione”. Oppure: “Ed ecco fatto, sia lodato Gesù e Maria Amore” o “Viva sempre Gesù”. Spiegando la “pasta tignata”, un dolce, la cuoca scrive: “Quando hanno imparato queste gliene impareremo dell’altre. Per adesso basta così, se l’imparano mi diranno una Ave Maria per carità”.
Altra curiosità: in alcuni casi, l’unità di misura per dosare un prodotto, invece che al peso, fa riferimento al costo, e quindi un tanto al baiocco, la moneta dell’epoca: mezzo baiocco di zucchero, ad esempio. È un volgare curioso la lingua delle ricette, scritte spesso secondo il modo di dire, forse annotate velocemente. “La loro trascrizione, tutta fedele – dice la curatrice – non è stata facile. In alcuni casi abbiamo impiegato dei mesi. Molte sono senza data e molte sembrano trascritte da un’unica mano, infatti si rintraccia un’omogeneità nella calligrafia. Alcune sembrano scritte da monache più acculturate”.
Ora tutte le ricette sono state fotografate e digitalizzate.
Nel libro, i glossari facilitano la lettura. È il caso delle parole: agro (limone), anase (anice), ingniochi (gnocchi), pagnoltone (grosso impasto, persiche (pesche), petrosello (prezzemolo), torcolone (ciambellone con il buco al centro e dei verbi: si capano (si puliscono), si gilebbi (si formi uno sciroppo denso), si ministra (si giri), si staccia (setacciare la farina), si cocano (si cuociano). Ma una sezione riguarda anche le stoviglie: broccola (pentolone), mattera (madia), somarello (sgomarello), stufaroletta (piccola pentola).
Monica Falcinelli, ha operato su impulso di madre Noemi Scarpa, abbadessa del Monastero benedettino di S. Anna e con il patrocinio dell’amministrazione comunale di Bastia Umbra. Il suo lavoro è stato coadiuvato dalla consulenza delle suore e in particolare della priora suor Scolastica. Il volumetto, subito esaurito, è stato ristampato e le copie sono disponibili presso il monastero. La pubblicazione delle antiche ricette è un’iniziativa importante nel plurisecolare rapporto tra il luogo religioso e la città.
L’iniziativa ha avuto un grande eco, tanto che La Cucina delle Monache è diventato – dall’aprile scorso – anche un programma tv su Food Network con al centro quattro consorelle che hanno fatto della cucina parte integrante della loro vita monastica.
Madre Noemi, abbadessa del Monastero, era destinata alla serie A di pallacanestro, ma ha scelto di essere atleta del Signore. Suor Debora, architetto ed esperta di cucina, dopo aver girato il mondo ha trovato il silenzio che cercava in monastero. Suor Miriam, quattro lauree, ha scoperto il vero significato della vita. Suor Eleonora, novizia, è la più giovane, ma la grinta non le manca; è laureata in psicologia e oggi accoglie le persone che bussano al monastero.